Ci sono innumerevoli esempi nel corso della storia che illustrano la natura mutevole di ciò che si crede sia umanamente possibile in un determinato periodo di tempo.
Ad esempio, prima che Roger Bannister diventasse il primo a rompere la barriera dei quattro minuti nel 1954, era opinione diffusa che nessun uomo avrebbe mai corso un miglio in meno di quattro minuti. Era considerato fisicamente impossibile correre a quella velocità. Dopo il deludente quarto posto nei 1500 alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, Bannister si dedicò a un allenamento specifico per aumentare la resistenza e il ritmo.
Il 6 maggio 1954, corse il miglio in 3 minuti, 59 secondi e 4 centesimi. Nel corso dei due anni successivi altre 36 persone corsero il miglio sotto i 4 minuti. Cosa era successo? Era stata abbattuta una barriera psicologica: ciò che fino a poco prima era ritenuto impossibile, era diventato possibile.
Dopo che Orville e Wilbur Wright avevano iniziato a pilotare i loro aeroplani rudimentali all’inizio del XX secolo, molte persone temevano fisicamente di salire su un aereo, e, molte altre, erano trattenute dal farlo da principi filosofici: gli uccelli appartengono al cielo e gli umani appartengono alla terra.
Quanto questo modo di pensare è diventato chiaramente obsoleto?
Se ci impegniamo a fare qualcosa che crediamo impossibile, avremo poche probabilità di portare a termine il compito.
Al contrario, quando crediamo che una cosa sia raggiungibile, in quella stessa credenza giacciono i semi del risultato positivo.
La matematica ci fornisce una spiegazione grazie al teorema dell’esistenza, il quale afferma che le probabilità di trovare una soluzione a un problema sono notevolmente aumentate dalla consapevolezza che esiste una soluzione.
Il futuro non è il passato: ognuno di noi rappresenta il potenziale infinito dell’esistenza.
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